Come ridurre l’esposizione alle microplastiche. Studio

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Le microplastiche sono ubiquitarie, nell’ambiente come nei beni di consumo, ma alcuni accorgimenti permettono di ridurre le loro fonti di esposizione per proteggere la salute umana rispetto ai gravi rischi che ne derivano.

Uno studio di ricercatori canadesi e statunitensi (Fabiano et al., 2025) riassume le evidenze scientifiche sull’impatto sulla salute delle microplastiche e fornisce indicazioni concrete su come proteggersi.

Microplastiche in ogni tessuto umano, compreso il cervello

Un recente studio pubblicato su Nature Medicine (Nihart et al., 2025) ha rivelato che nel cervello umano sono state trovate microplastiche e nanoplastiche (MNP), in quantità pari a circa un cucchiaio. E non è tutto.

Nei cervelli di persone decedute con una diagnosi di demenza, i livelli di queste particelle erano da 3 a 5 volte più alti. I tessuti cerebrali contenevano da 7 a 30 volte più MNP rispetto ad altri organi come fegato o reni. Le microplastiche trovate nel cervello erano per lo più di dimensioni molto piccole (inferiori a 200 nanometri) e spesso costituite da polietilene.

Non è chiaro se sia la demenza a facilitare l’ingresso di queste particelle nel cervello, indebolendo la barriera ematoencefalica, o se siano le microplastiche stesse a causare infiammazione e peggiorare la neurodegenerazione.

Crescita esponenziale in mezzo secolo

Un dato che fa riflettere è che, mentre la concentrazione di MNP non sembrava influenzata da fattori come età, sesso, razza o causa di morte, è stato osservato un aumento del 50% nella quantità di queste particelle nei tessuti cerebrali tra il 2016 e il 2024.

Questo incremento è in linea con l’aumento esponenziale delle microplastiche nell’ambiente negli ultimi 50 anni.

Si stima che ogni anno vengano rilasciate nell’ambiente da 10 a 40 milioni di tonnellate di microplastiche, e si prevede che questa cifra raddoppierà entro il 2040. Queste particelle sono ormai ovunque: dai fondali marini alle cime delle montagne, passando per il cibo che mangiamo, l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo.

Gli effetti sulla salute

La maggior parte delle prove sugli effetti sulla salute dell’accumulo di microplastiche nell’organismo attualmente deriva da studi su animali e colture cellulari e suggerisce correlazioni con:

– stress ossidativo,

– infiammazione,

– disfunzione immunitaria,

– alterazioni metaboliche e

– cancerogenicità.

Questi effetti possono colpire vari organi e sistemi, tra cui quello respiratorio, gastrointestinale, cardiovascolare, nervoso e immunitario. Per esempio, uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine (Marfella et al., 2024) ha scoperto che le persone con placche carotidee contenenti microplastiche avevano un rischio maggiore di infarto, ictus o morte prematura. Inoltre, nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali (IBD), le feci contenevano il 50% in più di microplastiche rispetto a quelle di individui sani.

Come ridurre l’esposizione alle microplastiche

Azzerarla è impossibile, ma ridurre l’esposizione alle microplastiche è possibile con alcune strategie, spiegano i ricercatori con esempi concreti.

1. Quale acqua bere

Passare dall’acqua in bottiglia all’acqua del rubinetto potrebbe ridurre l’assunzione di microplastiche da 90.000 a 4.000 particelle all’anno. Oltre all’acqua in bottiglia, importanti fonti alimentari di microplastiche sono l’alcol e i frutti di mare.

2. Contenitori per riscaldare e conservare gli alimenti

Riscaldare il cibo in contenitori di plastica, specialmente nel microonde, può rilasciare grandi quantità di microplastiche e nanoplastiche, rispettivamente fino a 4,22 milioni e 2,11 miliardi di particelle per centimetro quadrato in soli tre minuti (Hussain et al., 2023).

Una importante cessione di particelle si verifica anche con la conservazione degli alimenti a lungo termine a temperatura ambiente o in frigorifero in contenitori di plastica.

Queste plastiche mostrano un potenziale tossico, con studi in vitro che rivelano fino al 77% di morte cellulare nelle cellule renali umane dopo un’esposizione prolungata’, avvertono gli autori dello studio. È pertanto opportuno eliminare la plastica e optare per contenitori in vetro o acciaio inossidabile per conservare e riscaldare gli alimenti.

3. La minaccia nascosta nel tè

Uno studio (Banaei et al., 2024) ha scoperto che, nonostante fossero etichettate come di qualità alimentare, le bustine di tè in plastica rilasciavano 2,4 milioni di particelle di dimensioni micrometriche (1–150 μm) e 14,7 miliardi di particelle di plastica submicrometriche (<1 μm).

4. Zuppe in scatola

Uno studio (Carwile et al., 2011) ha mostrato un aumento di oltre il 1000% nei livelli urinari di bisfenolo A (BPA) dopo cinque giorni di assunzione giornaliera di zuppa in scatola. Viene pertanto suggerito di limitare il consumo di alimenti in scatola e optare per alternative confezionate non in plastica o in contenitori certificati come privi di BPA.

5. Gli alimenti altamente trasformati

I ricercatori richiamano uno studio (Milne et al., 2024) che ha confrontato la quantità di microplastiche presenti negli alimenti proteici altamente trasformati e in quelli non lavorati. I bocconcini di pollo pronti al consumo, ad esempio, a causa della lavorazione industriale contenevano 30 volte più microplastiche per grammo rispetto ai petti di pollo tal quali.

6. Microplastiche nell’aria di casa

Uno studio (Allen et al., 2019) ha dimostrato come le microplastiche vengano trasportate dal vento su lunghe distanze.

All’aperto o in ambienti chiusi (inclusi abitazioni e uffici), l’inalazione è un’altra fonte di esposizione alle microplastiche difficile da ridurre e stimata in quantità fino a 62000 particelle all’anno nei maschi adulti. In questi casi può essere utile un filtro HEPA (High-Efficiency Particulate Air): rimuove fino al 99,97% delle particelle sospese nell’aria piccole fino a 0,3 μm, che includono una quantità significativa di microplastiche sospese nell’aria.

Il mistero dell’escrezione biologica

Una volta che le microplastiche sono nel nostro corpo, come possiamo eliminarle? Al momento, ci sono poche prove su metodi efficaci.

Alcuni studi suggeriscono che la sudorazione potrebbe facilitare l’escrezione di sostanze come il BPA, un composto chimico utilizzato nella produzione di materie plastiche, che viene rilasciato nel processo di degradazione. Non è ancora chiaro, però, se questo si applichi anche alle microplastiche.

Conclusione

Un elemento incoraggiante è la mancanza di correlazione tra età e accumulo di microplastiche. Ciò significa che nonostante le continue esposizioni ambientali, il corpo ha meccanismi per eliminare queste particelle nel tempo attraverso sudore, urina e feci.

Nei modelli di pesci sono necessari circa 70 giorni per eliminare il 75% delle microplastiche cerebrali accumulate. Ciò suggerisce che sia gli input ridotti che gli output aumentati devono essere mantenuti per periodi sufficientemente lunghi per vedere cambiamenti misurabili.

La ricerca futura dovrebbe dare priorità alla definizione di chiari limiti di esposizione alle microplastiche e alla valutazione delle conseguenze a lungo termine sulla salute, oltre che valutare l’efficacia di varie strategie di riduzione ed eliminazione, concludono gli autori dello studio.

Marta Strinati

Riferimenti

– Fabiano N, Luu B, Puder D. (2025). Human microplastic removal: what does the evidence tell us?. Brain Medicine. doi: 10.61373/bm025c.0020
– Marfella R, Prattichizzo F, Sardu C, Graciotti L, Fulgenzi G, Spadoni T, et al. (2024). Microplastics and nanoplastics in atheromas and cardiovascular events. N Engl J Med. 390(10):900–10. DOI: 10.1056/nejmoa2309822
– Hussain KA, Romanova S, Okur I, Zhang D, Kuebler J, Huang X, Wang B, Fernandez-Ballester L, Lu Y, Schubert M, Li Y. (2023). Assessing the Release of Microplastics and Nanoplastics from Plastic Containers and Reusable Food Pouches: Implications for Human Health. Environ Sci Technol. Jul 4;57(26):9782-9792. doi: 10.1021/acs.est.3c01942
– Carwile JL, Ye X, Zhou X, Calafat AM, Michels KB (2011). Canned soup consumption and urinary bisphenol A: a randomized crossover trial. JAMA. 306(20):2218–20. DOI: 10.1001/jama.2011.1721
– Milne MH, De Frond H, Rochman CM, Mallos NJ, Leonard GH, Baechler BR (2024). Exposure of U.S. adults to microplastics from commonly-consumed proteins. Environ Pollut. 343:123233. doi: 10.1016/j.envpol.2023.123233
– Steve Allen, Deonnie Allen et al. (2019). Atmospheric transport and deposition of microplastics in a remote mountain catchment. Nature Geoscience https://doi.org/10.1038/s41561-019-0335-5
– Kacprzak S, Tijing LD (2022). Microplastics in indoor environment: sources, mitigation and fate. J Environ Chem Eng. DOI: 10.1016/j.jece.2022.107359

Marta Strinati
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Professional journalist since January 1995, he has worked for newspapers (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) and periodicals (NumeroUno, Il Salvagente). She is the author of journalistic surveys on food, she has published the book "Reading labels to know what we eat".