Due mele al giorno tolgono il colesterolo di torno

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Due mele al giorno riducono i livelli di colesterolo ‘cattivo’ nel sangue e l’incidenza delle malattie cardiovascolari. È quanto emerge da uno studio clinico appena pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition. (1) Il lavoro è realizzato dall’Università di Reading (GB) in collaborazione con la Fondazione Edmund Mach, utilizzando una varietà di mele italiane particolarmente ricca in polifenoli.

Mela e bevanda zuccherata a base di succo di mela a confronto, lo studio clinico

I ricercatori inglesi hanno reclutato 43 individui sani – 25 donne e 18 uomini, in età compresa tra 29 e 69 anni – con lieve ipercolesterolemia. I volontari sono stati sottoposti a un periodo preliminare di dieta, per standardizzare il campione. (2) Il quale è stato suddiviso in due gruppi:

– il primo gruppo ha aggiunto alla propria dieta giornaliera due mele al giorno (340g), con buccia ma senza semi, della varietà Renetta Canada, coltivate in Trentino e fornite dal Consorzio di cooperative Melinda,

– il gruppo di controllo ha invece assunto ogni giorno, in alternativa alle mele, 500ml di una bevanda con succo di mela da concentrato (50%), acqua e zucchero. Con una quantità complessiva di zuccheri pari a quella delle due mele.

Dopo 8 settimane, nel gruppo trattato con le due mele è emerso un miglioramento dei fattori di rischio di malattie cardiovascolari, con riduzione dei livelli di colesterolo LDL e un aumento della vasodilatazione microvascolare.

I vantaggi della mela

Tra le mele e le bevande a base di frutta corre un abisso nutrizionale, che lo studio in esame ben riassume. Le due renette consumate dai volontari forniscono 8,5g di fibra, contro gli 0,5g della bevanda con succo. Quanto ai polifenoli, le mele impiegate nello studio ne forniscono 990mg, la bevanda 2,5mg. Ma c’è anche altro.

Sono necessari studi […] per esplorare i potenziali meccanismi, che probabilmente coinvolgeranno la segnalazione BA (acido biliare, ndr) e/o piccoli acidi fenolici derivati dai polifenoli della mela, entrambi collegati al metabolismo del microbiota intestinale‘, concludono i ricercatori britannici.

Mela e micromobioma

Il microbioma intestinale – vale a dire la comunità di microrganismi che interagisce con il sistema nervoso centrale attraverso l’intestino (detto anche ‘secondo cervello‘) per la regolazione di diverse funzioni dell’organismo – sembra essere ancora una volta la chiave che attiva i benefici per la salute.

Interessante sarebbe stato il confronto con mele renette biologiche. Alle evidenze scientifiche che associano al consumo mele la protezione rispetto alle patologie cardiovascolari (3) si aggiunge infatti la maggiore ricchezza del microbioma delle mele bio a raffronto con quelle convenzionali.

Note

(1) Athanasios Koutsos, Samantha Riccadonna, Maria M Ulaszewska, Pietro Franceschi, Kajetan Trošt, Amanda Galvin, Tanya Braune, Francesca Fava, Daniele Perenzoni, Fulvio Mattivi, Kieran M Tuohy, Julie A Lovegrove. Two apples a day lower serum cholesterol and improve cardiometabolic biomarkers in mildly hypercholesterolemic adults: a randomized, controlled, crossover trial. The American Journal of Clinical Nutrition, 2019, https://doi.org/10.1093/ajcn/nqz282

(2) Nelle due settimane precedenti l’avvio della ricerca, i volontari hanno eliminato dalla propria dieta ogni alimento riconducibile alla mela, nonché probiotici e prebiotici

(3) Studi epidemiologici suggeriscono che un’assunzione frequente di mele è inversamente associata a sindrome coronarica acuta, mortalità da patologia cardiovascolare totale e mortalità per qualsiasi causa. V.

– Hansen L., Dragsted L., Olsen A., Christensen J., Tjønneland A., Schmidt E., & Overvad K. (2010). Fruit and vegetable intake and risk of acute coronary syndrome. British Journal of Nutrition, 104(2), 248-255. doi:10.1017/S0007114510000462

– Hodgson J., Prince R., Woodman R., Bondonno C., Ivey K., Bondonno N., Lewis J. (2016). Apple intake is inversely associated with all-cause and disease-specific mortality in elderly women. British Journal of Nutrition, 115(5), 860-867. doi:10.1017/S0007114515005231

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