WHO, World Health Organisation, stila una classifica globale sulle politiche nazionali di 177 Stati (Italia compresa) per ridurre il consumo di sale. (1) Con un ennesimo richiamo, ai governi del pianeta, per adottare misure di salute pubblica indispensabili.
L’eccesso di sale – ancora ubiquitario – è causa primaria di malattie gravi e croniche (NCDs, Non-Communicable Diseases) e mortalità prematura. E l’obiettivo globale, ridurre l’apporto di sale del 30% entro il 2025, appare un’utopia. Anzi, una sconfitta.
WHO, consumo di sale oltre il doppio del limite
La raccomandazione WHO di limitare i consumi di sale a 5 grammi al giorno è sconosciuta a gran parte della popolazione globale e delle sue istituzioni sanitarie. Si stima infatti che i consumi medi siano di 10,8 grammi, oltre il doppio del limite.
L’abitudine al consumo di alimenti molto sapidi viene stimolata anche dall’industria alimentare, che tuttora indulge nell’offrire prodotti con profili nutrizionali scadenti, come conferma la recente analisi di WASHH. (2)
I danni legati all’eccesso di sale si verificano oltretutto nel lungo termine, quando l’intervento sulla dieta non basta a rimediare a patologie invalidanti come le malattie cardiovascolari e renali, ictus, diabete, osteoporosi. (3)
Governi distratti
Le evidenze scientifiche sembrano ignote a larga parte degli amministratori della salute pubblica. Solo il 5% degli Stati membri della WHO prevede infatti politiche di riduzione del sodio obbligatorie e complete. Il 73% è privo di una gamma completa di attuazione di tali politiche. Nel mezzo chi galleggia.
L’attuazione di politiche di riduzione del sale (e del sodio) potrebbe salvare circa 7 milioni di vite a livello globale entro il 2030, ricorda WHO. Nonché attenuare i relativi costi sanitari e previdenziali: ricoveri ospedalieri, cure e farmaci, assenza dal lavoro.
Il Sustainable Development Goal No. 3 – Good Health and Well-being – dovrebbe oltretutto declinarsi nella riduzione dei decessi per malattie non trasmissibili. (4)
Solo 9 Paesi allineati
Per la prima volta, la raccomandazione ad attivarsi viene accompagnata da una classifica che riferisce in modo minuzioso l’impegno profuso dai 177 Stati membri, elencando e documentando le (eventuali) misure adottate.
Secondo il rapporto, oggi solo nove paesi – Brasile, Cile, Repubblica Ceca, Lituania, Malesia, Messico, Arabia Saudita, Spagna e Uruguay – hanno un pacchetto completo di politiche in vigore per ridurre l’assunzione di sale/sodio.
4 livelli di impegno sull’obiettivo
La classifica WHO è articolata in quattro livelli. Si va dai piani d’azione del genere ‘pubblicità progresso’ alle misure volontarie, fino all’attuazione di misure concrete, che prevedono diversi strumenti obbligatori per ottenere una riduzione effettiva del consumo di sale nella popolazione, dalle campagne di comunicazione al Front-of-Pack Nutrition Labelling (FOPNL), come il NutriScore tanto atteso in Europa. (5)
Nessuna sorpresa per l’Italia che si colloca a metà strada, assieme alla maggioranza, tra i 65 Stati ove esistono misure volontarie di scarsa efficacia per gli operatori agroalimentari o ‘incoraggiamenti’ alla popolazione per la riduzione del consumo di sale. Le iniziative che fermano il Bel paese a metà strada sono peraltro piuttosto datate.
Sale e mandolino
Il sito web del ministero della Salute oggi è ancora impastoiato nelle faccende Covid-19. Le relative campagne con invito a vaccinarsi si fermano a dicembre 2022, in un’area un po’ trascurata.
I riferimenti ai consumi di sale eccessivi compaiono (dopo accurata ricerca) con riferimento ad alcuni accordi volontari con l’associazione dei panificatori e l’industria alimentare, prima AIIPA oggi Unione Italiana Food.
La pagina del sito istituzionale sull’argomento è peraltro ferma da un anno e l’accordo di Unione Italiana Food col ministero della Salute avrebbe comunque fruttato una quantità di sale media, per la categoria dei crackers, pari a 1,99 grammi di sale per 100 grammi di crackers.
Una dozzina di crackers vale perciò la metà della soglia massima giornaliera di sale indicata da WHO. Accordo riuscito?
Virtuosi si diventa
Il richiamo della WHO agli Stati membri potrebbe risvegliare la responsabilità degli amministratori della salute pubblica. Può dunque tornare utile ricordare i quattro interventi ‘best buy’ relativi al sale/sodio che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità possono contribuire alla prevenzione delle malattie non trasmissibili:
- riformulare gli alimenti affinché contengano meno sale e stabilire obiettivi per la quantità di sodio negli alimenti e nei pasti,
- prevedere limiti di sale/sodio nei bandi di fornitura di pasti in ospedali, scuole, luoghi di lavoro e case di cura,
- adottare l’etichettatura sulla parte anteriore della confezione – front on pack nutritional labelling, FoPNL (NutriScore) – per aiutare i consumatori a selezionare i prodotti a basso contenuto di sodio,
- implementare (o avviare) campagne di comunicazione sul tema.
Marta Strinati
Note
(1) WHO global report on sodium intake reduction. World Health Organisation. 9.3.23 https://www.who.int/publications/i/item/9789240069985
(2) Marta Strinati. Big Food, il business insostenibile degli alimenti squilibrati allerta gli investitori. GIFT (Great Italian Food Trade). 9.3.23
(3) Marta Strinati. Troppo sale nella dieta causa infarto e tumori. Ecco come mettersi al sicuro. GIFT (Great Italian Food Trade). 22.3.17
(4) Dario Dongo, Giulia Caddeo. Sustainable Development Goals, SDGs. La sfida dell’umanità. Égalité. 3.9.19
(5) Marta Strinati. La sanità pubblica UE, EUPHA, indica NutriScore come migliore opzione di FoPNL. GIFT (Great Italian Food Trade). 20.3.23