Maggior rischio demenza per chi consuma alimenti ultraprocessati. Lo studio

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Il consumo di alimenti ultraprocessati è associato a un aumento del rischio di demenza. L’evidenza emerge da uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Neurology e si somma alla correlazione già rilevata con altre patologie e rischio generico di morte prematura. Ma basta poco per invertire la tendenza. (1)

Alimenti ultraprocessati, quali sono

Gli alimenti ultraprocessati sono stati identificati secondo il metodo NOVA, che classifica il cibo in quattro categorie, l’ultima delle quali è appunto quella degli ultra-processed food. (2)

Nella definizione rientrano quei cibi poveri di proteine, fibre solubili e grassi polinsaturi, ma ricchi di grassi, zucchero e sale (HFSS, High in Fat, Sugar and Salt), come molti snack, bevande, piatti pronti etc. Si riconoscono anche in quanto non riproducibili in casa perché realizzati con additivi e ingredienti ottenuti con processi industriali (idrogenazione, idrolisi ecc). E contengono spesso molecole nocive dovute al trattamento termico (acrilammide, per esempio) e residui chimici rilasciati dal packaging (v. Bisfenolo A, ftalati).

Demenza, depressione e altri malanni

L’abitudine a consumare regolarmente questo tipo di cibo è facilmente associabile al rischio di obesità (ormai un’epidemia anche in Italia). Ma si tratta soltanto di un ‘effetto collaterale’ più vistoso.

Ulteriori malanni, più subdoli, sono stati infatti identificati in malattie cardiovascolari, diabete, cancro, depressione e mortalità per tutte le cause. (3)

Per la prima volta, i ricercatori cinesi hanno analizzato il rischio di demenza e la sua incidenza in funzione del consumo di alimenti ultraprocessati. La demenza a livello globale affligge 50 milioni di individui, che si stima triplicheranno entro il 2050, e contro il quale 40 anni di ricerca non hanno fornito cure utili. L’unica via è dunque agire sui fattori di rischio modificabili, come la dieta (oltre a tabagismo, alcolismo ed esercizio fisico).

Lo studio

I ricercatori della Tianjin Medical University hanno selezionato 72mila persone over-55 tra il mezzo milione di britannici (37-73 anni) nel database dello studio di coorte Biobank UK.

Hanno sottoposto loro un questionario sulle abitudini alimentari e li hanno suddivisi in 4 gruppi da 18.021 persone, in funzione della frequenza di consumo di alimenti ultraprocessati.

Il risultato

Dopo 10 anni, 518 persone hanno ricevuto una diagnosi di demenza, di cui 287 per Alzheimer e 119 per demenza vascolare.

Il grande consumatore di alimenti ultraprocessati è tipicamente (in UK) giovane bianco che non fuma né beve alcol, a basso reddito, poco scolarizzato, con dieta squilibrata e familiarità con la demenza.

Il gruppo di alimenti ultraprocessati più consumato è rappresentato da

– bevande (34%),

– prodotti molto zuccherati (21%),

– lattiero-caseari ultraprocessati (17%), prodotti che potremmo assimilare alle merende al latte di cui ci siamo occupati,

snack salati (11%).

Basta poco per invertire la rotta

Dall’elaborazione dei dati raccolti emerge che per ogni aumento del 10% nel consumo di alimenti ultraprocessati il rischio di demenza per tutte le cause aumenta del 22% (+13% l’Alzheimer e +29% la demenza vascolare).

Per contro, sostituendo il 10% degli alimenti ultraprocessati con alimenti non trasformati o minimamente trasformati – frutta fresca, verdura, legumi, latte e carne – il rischio di demenza diminuisce del 19%.

‘Moreover, our results suggest that small and manageable dietary changes, such as increasing the amount of unprocessed or minimally processed foods by only 50g and simultaneously decreasing UPF (alimento ultraprocessato, ndr) intake by 50g may be a feasible strategy to prevent dementia’.

Scambiare uno snack salato o dolce con mezza mela, insomma, fa una grande differenza nella prevenzione della demenza.

Note

(1) Li H, Li S, Yang H, Zhang Y, Zhang S, Ma Y, Hou Y, Zhang X, Niu K, Borne Y, Wang Y. Association of Ultraprocessed Food Consumption With Risk of Dementia: A Prospective Cohort. Neurology. 2022 Jul doi: 10.1212/WNL.0000000000200871. Epub ahead of print. PMID: 35896436. https://bit.ly/3OREPMX

(2) Dario Dongo e Marta Strinati. Classificazione NOVA, alimenti naturali e ultraprocessati. Amici e nemici della salute. GIFT (Great Italian Food Trade), 16.9.20

(3) V.

– Srour B, Fezeu LK, Kesse-Guyot E, et al. Ultra-processed food intake and risk of cardiovascular disease: prospective cohort study (NutriNet-Sante). BMJ 2019; 365: l1451.

– Levy RB, Rauber F, Chang K, et al. Ultra-processed food consumption and type 2 diabetes incidence: A prospective cohort study. Clin Nutr 2021; 40(5): 3608-14.

– Srour B, Fezeu LK, Kesse-Guyot E, et al. Ultraprocessed Food Consumption and Risk of Type 2 Diabetes Among Participants of the NutriNet-Sante Prospective Cohort. JAMA Intern Med 2020; 180(2): 283-91.

– Fiolet T, Srour B, Sellem L, et al. Consumption of ultra-processed foods and cancer risk: results from NutriNet-Sante prospective cohort. BMJ 2018; 360: k322.

– Rico-Campa A, Martinez-Gonzalez MA, Alvarez-Alvarez I, et al. Association between consumption of ultra-processed foods and all cause mortality: SUN prospective cohort study. BMJ 2019; 365: l1949

– Adjibade M, Julia C, Alles B, et al. Prospective association between ultra-processed food consumption and incident depressive symptoms in the French NutriNet-Sante cohort. BMC Med 2019; 17(1): 78.

(4) Le demenze vascolari sono considerate la seconda causa più frequente di demenza dopo la malattia di Alzheimer. La loro caratteristica principale è la riduzione delle capacità cognitive, un problema che può comparire improvvisamente, ad esempio dopo un ictus, oppure manifestarsi gradualmente nel tempo, tendendo a peggiorare. V. Humanitas. Demenze vascolari. https://www.humanitas.it/malattie/demenze-vascolari/

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