Effetto cocktail, due mix di additivi alimentari favoriscono il diabete. Lo studio francese

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Due mix di additivi alimentari molto diffusi negli alimenti ultra-processati producono un ‘effetto cocktail’ che può aumentare il rischio di diabete di tipo 2. L’evidenza emerge per la prima volta in una ricerca francese (Payen de la Garanderie et al., 2025) pubblicata su Plos Medicine, che ha esaminato l’impatto delle miscele di additivi su oltre 108.000 adulti partecipanti a NutriNet-Santé (2009-2023), lo studio di coorte prospettico condotto in Francia per studiare le relazioni tra dieta e salute.

Alimenti ultra-processati, un serbatoio di additivi

Gli alimenti ultra-processati (UPFs) rappresentano una quota significativa e crescente della dieta occidentale moderna. La loro assunzione è già stata associata a un aumento dei rischio di malattie croniche non trasmissibili (NCDs) e mortalità prematura per tutte le cause.

L’Agenzia nazionale per la salute e sicurezza alimentare, ambientale e sul lavoro francese, ANSES, nel 2024 ha evidenziato tra i fattori di rischio degli UPFs sia gli scadenti profili nutrizionali, sia l’elevato contenuto di additivi alimentari, sostanze che ne alterano la composizione e possono portare alla formazione di sostanze rischiose per la salute (es. nitrosammine).

Numerosi studi, tra l’altro, hanno hanno associato l’apporto di singoli additivi alimentari a vari rischi per la salute umana, ivi compresi disbiosi intestinale, infiammazione e alterazioni metaboliche.

Additivi alimentari, l’effetto cocktail

Gli additivi alimentari in UE sono soggetti alla valutazione scientifica di EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e alla successiva autorizzazione della Commissione europea (Reg. CE/1333/2008). Eppure:

  • l’analisi del rischio che conduce alla determinazione di dosi giornaliere accettabili (ADI) non considera gli effetti cumulativi e sinergici delle miscele di additivi assunte dai vari gruppi di popolazione nella dieta complessiva;
  • un adulto può ingerire fino a 10 kg/anno di additivi alimentari, secondo lo studio di Chazelas et al. (2021) pubblicato su Scientific Reports.

Un solo precedente studio sull’uomo (McCann et al., 2007) ha esplorato il potenziale impatto sulla salute di una sola miscela di additivi alimentari – i c.d. ‘coloranti di Southampton’ – sulla salute dei bambini. I quali hanno registrato sintomi di iperattività, dopo l’esposizione per 6 settimane a un mix di coloranti azoici e a un conservante, tuttora peraltro autorizzati in UE (sebbene soggetti ad apposita avvertenza in etichetta):

– carmoisina (E122),

– giallo tramonto (E110),

– tartrazina (E102),

– ponceau 4R, rosso cocciniglia A (E124),

– rosso allura AC (E129);

– benzoato di sodio (E211).

Metodi dello studio

Lo studio di Payen de la Garanderie et al. (2025) risulta essere il primo a valutare l’effetto delle miscele di additivi alimentari a cui la popolazione generale è effettivamente esposta, in una dieta che comprende l’apporto di alimenti ultra-processati. La ricerca ha utilizzato i metodi di cui a seguire.

La coorte NutriNet-Santé

Lo studio in esame ha coinvolto 108.643 adulti francesi, seguiti per una media di 7,7 anni. I partecipanti – età media 42,5 anni, per il 79,2% donne – hanno compilato cinque questionari su:

  • stile di vita e dati sociodemografici. Data di nascita, sesso, livello di istruzione, occupazione professionale, stato di fumatore, numero di figli;
  • stato di salute. Anamnesi personale e familiare, trattamenti medici;
  • abitudini alimentari. I dati, raccolti ogni 6 mesi, contengono registri sui cibi consumati nelle 24 ore per tre giorni non consecutivi (due giorni feriali e uno nel fine settimana), assegnati in modo casuale in un periodo di 2 settimane. Il diario include marca e nome commerciale degli alimenti;
  • dati antropometrici dei partecipanti (altezza, peso)
  • livello di attività fisica. Valutazione di 7 giorni tramite il questionario internazionale sull’attività fisica, IPAQ.

Le informazioni su etnia e religione – sebbene di potenziale interesse per la ricerca, con particolare riguardo alla dieta kasher, ove non è ammesso l’impiego di una serie di additivi alimentari nei cibi – non sono state registrate poiché considerate ‘dati sensibili’ dalla legge francese.

Raccolta dei dati dietetici

I registri alimentari dei partecipanti hanno fornito ai ricercatori i dati per calcolare le assunzioni giornaliere distinte per additivi alimentari, nutrienti ed energia.

La classificazione NOVA (sul grado di lavorazione degli alimenti) è stata applicata per identificare gli alimenti ultra-processati (UPFs) e calcolare il loro contributo all’assunzione complessiva di energia.

L’assunzione di additivi alimentari

L’esame dei registri alimentari individuali e il ricorso ai database sulla composizione degli alimenti (Observatoire de la Qualité de l’Alimentation, Open Food Facts, Global New Products Database, EFSA e General Standard for Food Additives) hanno consentito di redigere un elenco dei 269 additivi alimentari assunti dai partecipanti allo studio.

I soli additivi consumati da almeno il 5% della coorte sono stati inclusi nella modellazione delle miscele.

Accertamento del diabete di tipo 2

L’incidenza del diabete di tipo 2 tra i partecipanti allo studio è stata valutata utilizzando un approccio multi-fonte:

– segnalazione dei partecipanti, invitati a comunicare eventuali eventi sanitari, trattamenti medici ed esami occorsi nel periodo di follow-up;

– informazioni presenti nel database sanitario nazionale, al quale è stata collegata la coorte NutriNet-Santé.

I casi di decessi dei partecipanti allo studio, e le loro cause, sono stati registrati tramite collegamento con il Registro nazionale di mortalità francese (CépiDC).

I risultati dello studio

L’impatto degli alimenti ultra-processati nella dieta

L’esame dei registri alimentari dei partecipanti ha evidenziato che gli alimenti ultra-processati (classificati come NOVA 4) rappresentavano in media il 33,8% dell’apporto energetico giornaliero.

Un totale di 75 additivi alimentari è stato consumato da almeno il 5% dei partecipanti ed è stato quindi incluso nel modello delle miscele di additivi da confrontare con l’incidenza di diabete di tipo 1.

Identificazione delle miscele di additivi alimentari

Utilizzando la fattorizzazione a matrice non negativa (NMF) – utile per ridurre un insieme di dati molto grande in attributi rappresentativi – i ricercatori hanno individuato 5 principali miscele di additivi, basate sui consumi reali e così composte:

– miscela 1. Correlata a torte e biscotti, contiene soprattutto carbonati di sodio, difosfati, glicerolo, carbonati di ammonio, carbonati di potassio e sorbitolo;

– miscela 2. Tipica di brodo, dessert a base di latte, grassi e salse, è composta prevalentemente da amidi modificati, pectina, gomma di guar, carragenina, polifosfati, sorbati di potassio, curcumina e gomma xantana;

– miscela 3. Nessun gruppo uniforme di alimenti è specificamente correlato a questa miscela. Gli additivi che ne fanno parte si trovano infatti in alimenti molto diversi: dal sale da tavola ai biscotti e agli energy drink. Compongono la miscela i carbonati di magnesio, riboflavina, alfa-tocoferolo e carbonati di ammonio;

– miscela 4. Come la miscela 1 è collegata a snack salati, torte e biscotti. Si compone di carbonati di ammonio, carbonati di sodio, difosfati, alfa-tocoferolo, mono e digliceridi degli acidi grassi, carbonati di magnesio e lecitine;

– miscela 5. È facile identificare le bevande analcoliche zuccherate o dolcificate con edulcoranti artificiali acalorici (bibite ‘sugar-free’, ‘zero’) quale gruppo alimentare bersaglio di questa miscela. Gli additivi che la compongono sono acido citrico, citrati di sodio, acido fosforico, caramello solfito-ammoniacale, acesulfame K, aspartame, sucralosio, gomma arabica, acido malico, cera carnauba, estratto di paprika, antociani, gomma di guar e pectina.

Le due miscele di additivi alimentari che favoriscono il diabete

Nei 7,7 anni di follow-up sono stati rilevati 1.131 casi di diabete di tipo 2 tra i partecipanti allo studio.

Indipendentemente dalla qualità nutrizionale della dieta (assunzioni di zuccheri, grassi saturi, energia, alcol etc.) e dopo l’aggiustamento per un’ampia gamma di potenziali fattori confondenti, due miscele di additivi alimentari sono risultate positivamente associate a una maggiore incidenza del diabete di tipo 2:

– la miscela 2, con diversi emulsionanti (amidi modificati; pectina; gomma di guar; carragenina; polifosfati; gomma di xantano), un conservante (sorbato di potassio) e un colorante (curcumina), tipicamente presenti in una varietà di alimenti ultra-processati tra cui brodo, dessert a base di latte, grassi e salse;

– la miscela 5, composta in essenza da additivi alimentari presenti in bevande dolcificate artificialmente e bevande zuccherate. Questi additivi includevano acidificanti e regolatori di acidità (acido citrico; citrati di sodio; acido fosforico; acido malico), coloranti (caramello solfito-ammoniacale, caratteristico delle bibite a base di cola; antociani; estratto di paprika), dolcificanti artificiali (acesulfame K; aspartame; sucralosio) e alcuni emulsionanti (gomma arabica; pectina; gomma di guar).

Un palese effetto cocktail

L’effetto cocktail è evidente, come spiegano gli autori dello studio:

Nonostante lievi attenuazioni, le associazioni tra le miscele 2 e 5 e l’incidenza del diabete di tipo 2 sono rimaste simili dopo l’aggiustamento per ciascun additivo alimentare caratteristico della miscela utilizzando il metodo residuo, suggerendo che le associazioni non erano fortemente guidate da un unico additivo’.

Le evidenze precedenti

Gli studi sull’uomo della coorte NutriNet-Santé

L’originalità della ricerca impedisce il confronto con la letteratura epidemiologica precedente. Nella stessa coorte NutriNet-Santé erano peraltro già emerse associazioni tra singoli additivi alimentari e l’incidenza del diabete di tipo 2.

In modo coerente, molti degli additivi alimentari emblematici delle miscele 2 o 5 sono stati associati a una maggiore incidenza di diabete di tipo 2 in precedenti pubblicazioni su emulsionanti e dolcificanti artificiali (i conservanti e i coloranti sono attualmente sotto inchiesta)’, spiegano i ricercatori francesi.

Evidenze su modelli animali

In letteratura scientifica diversi singoli additivi alimentari presenti nelle miscele 2 e 5 sono a loro volta già stati associati a una maggiore incidenza di diabete di tipo 2. Qualche esempio:

– la gomma di guar (E412) in un modello murino ha alterato la composizione del microbiota intestinale con conseguente aumento dei marcatori pro-infiammatori e potenziali perturbazioni metaboliche. Il ruolo del microbiota intestinale nello sviluppo di diabete di tipo 2 riguarda l’alterazione delle vie del metabolismo del glucosio;

– la carragenina (E407) compromette il metabolismo del glucosio nei topi e ha proprietà infiammatorie, che possono essere coinvolte nell’eziologia del diabete di tipo 2;

– i dolcificanti artificiali alterano il microbiota intestinale. In particolare, in studi sui topi l’acesulfame-K (E950) e il sucralosio (E955) causano disbiosi, che aumenta l’intolleranza al glucosio.

Conclusioni

A quasi 20 anni dal sorprendente studio di Southampton, lo studio francese sull’impatto delle miscele di additivi su una platea tanto ampia dovrebbe allertare le istituzioni preposte alla tutela della salute pubblica.

Questi risultati suggeriscono che potrebbe essere interessante considerare i potenziali effetti di interazione/sinergici/antagonisti nella valutazione della sicurezza degli additivi alimentari e richiedono una rivalutazione delle normative che ne disciplinano l’uso da parte dell’industria alimentare, con l’obiettivo di migliorare la tutela dei consumatori.

Nel frattempo, questi risultati supportano la raccomandazione della sanità pubblica di limitare l’esposizione agli alimenti ultra-processati e ai relativi additivi alimentari non essenziali’, concludono gli autori dello studio.

Marta Strinati

Cover art copyright © 2025 Dario Dongo (AI-assisted creation)

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Marta Strinati
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Professional journalist since January 1995, he has worked for newspapers (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) and periodicals (NumeroUno, Il Salvagente). She is the author of journalistic surveys on food, she has published the book "Reading labels to know what we eat".