Breakfast directives, il Parlamento europeo alza le barriere contro il miele extra-UE

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Breakfast directives, il Parlamento europeo alza le barriere contro il miele extra-UE

Il 12 dicembre 2023 il Parlamento europeo in sessione plenaria ha votato a larghissima maggioranza – 522 voti a favore, 13 contrari e 65 astensioni – la propria relazione sulla riforma delle ‘breakfast directives’ che riguardano miele, succhi di frutta, marmellate e confetture, latte disidratato. (1)

1) ‘Breakfast directives’, la barriere del Parlamento europeo contro il miele extra-UE

L’assemblea di Strasburgo ha stravolto la proposta della Commissione europea nel solo ambito del miele, erigendo una serie di barriere tecniche al commercio del nettare delle api di provenienza extra-UE. Con il chiaro obiettivo, dichiarato dal relatore Alexander Bernhuber (Österreichische Volkspartei, ÖVP), di ‘aiutare i consumatori a fare scelte più salutari e locali’. (2)

L’ipotesi ‘miele locale = salute’ è peraltro del tutto indimostrata. Anzi, paradossalmente, la ‘salute’ della filiera del miele europeo è minacciata dal recente boicottaggio del progetto di regolamento per la riduzione dei pesticidi in UE, a Strasburgo il 22 novembre 2023, con il contributo dello stesso Alexander Bernhuber (3,4,5).

I consumatori europei rischiano così di affrontare un’impennata dei prezzi e una drastica riduzione dell’offerta di miele, anche biologico, in arrivo dai vari Paesi del mondo. A causa delle ingiustificate restrizioni agli scambi di cui a seguire, che si aggiungono ai doveri di registrazione dei produttori extra-UE. (6) Il protezionismo, del resto, colpisce sempre i più deboli.

2) Miele, etichettatura di origine e discriminazioni

L’etichettatura di origine del miele pretesa dagli eurodeputati è pretenziosa e complessa, senza precedenti nella legislazione europea né in quella di altri Paesi:

– ‘il Paese o i Paesi di origine, ovvero dove il miele è stato raccolto, devono comparire sull’etichetta nello stesso campo visivo del nome del prodotto’ (recital 3).

– ‘se il miele è originario di più Paesi, i Paesi di origine in cui il miele è stato raccolto devono essere indicati sull’etichetta in ordine decrescente in base alla quota di ciascun Paese di origine sul peso del miele contenuto nella confezione, specificando la percentuale esatta per ciascun Paese o l’intervallo di percentuali applicabile per la quota del Paese’ (nuovo articolo 1.2.a),

– ‘l’intervallo di percentuali’ per la quota di miele di ciascun Paese a sua volta varia, a seconda che la confezione contenga più o meno di 30 g di miele (>90%, 70%-90%, 50%-70%, 30%-50%, 10%-30%, <10%, oppure >75%, 50%-75%, 25%-50%, <25%). Il delirio (articolo 1.2, nuovo paragrafo ab). (7) E tuttavia,

– quando ‘due o più Paesi riflettono insieme almeno il 98% del peso contenuto nella miscela, non è necessario indicare in etichetta i Paesi di origine per le quantità residue’ (articolo 1.2, nuovo paragrafo ac). In aggiunta,

– se il miele ‘è stato raccolto solo in paesi terzi o se i paesi terzi rappresentano almeno il 75% dei paesi di origine dei mieli di una miscela, ‘questa informazione deve essere indicata chiaramente sull’etichetta frontale con la dicitura ‘contiene il 75% o più di miele non UE’ o ‘miele non UE’. La discriminazione in primo piano (nuovo articolo 1.2.a).

3) Miele extra-UE, presunzione di frode

Gli eurodeputati di ogni fazione politica aspirano addirittura a dichiarare, in un regolamento europeo, una ‘presunzione di frode’ sui mieli prodotti dai partner commerciali dell’Unione Europea. Richiamando un rapporto della Commissione europea che – come si è visto (8) – è ascientifico e discriminatorio già nelle premesse, avendo tra l’altro escluso a priori di considerare i mieli europei.

Le relazioni della Commissione sulla contraffazione del mieleAzione coordinata dell’UE From the Hives” e “Azione coordinata dell’UE volta a scoraggiare talune pratiche fraudolente nel settore del miele” evidenziano che un’alta percentuale di miele importato è sospettata di essere adulterata e confermano una serie di casi di frode nel settore del miele, compreso l’uso di sciroppi di zucchero che sono molto difficili da individuare anche con metodi analitici sofisticati. (…)’ (recital 3a).

4) Criteri di analisi sul miele

La Honey Directive 2001/110/CE, si ricorda, ha delegato la Commissione europea ‘a stabilire metodi di analisi appropriati per garantire che il miele commercializzato nell’Unione sia conforme ai requisiti della legislazione’ (recital 3a). JRC (Joint Research Center, Commissione europea) ha infatti dato atto di tale esigenza, proprio nel recente rapporto ‘From the Hives’ (2023.), ove è conclamata la difformità e inaffidabilità di vari metodi di analisi tuttora in uso nei diversi Stati membri. (8)

Il Parlamento europeo tuttavia – anziché rimarcare la necessità di stabilire criteri di analisi armonizzati in UE per la verifica della conformità del miele ai requisiti della direttiva – propone di delegare la Commissione europea a una missione impossibile, tenuto conto della straordinaria biodiversità (9) dei mieli del mondo (e della conseguente indisponibilità, allo stato attuale, di una banca dati planetaria):

– ‘la Commissione adotta atti delegati [entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva] per integrare la presente direttiva stabilendo una metodologia armonizzata per determinare l’origine precisa del miele. Tale metodologia consente alle autorità competenti degli Stati membri di risalire al paese o ai paesi di origine del miele mediante analisi di laboratorio o qualsiasi altro metodo ritenuto appropriato’ (nuovo articolo 4a.1).

5) Tracciabilità del miele e controlli ufficiali

Per limitare il più possibile le frodi legate a prodotti adulterati che non corrispondono alla denominazione di “miele”, per consentire la convalida delle informazioni fornite sull’origine e la qualità del miele e per garantire la massima trasparenza, è opportuno integrare le norme dell’Unione in materia di tracciabilità (…) con l’introduzione di un sistema di tracciabilità che garantisca la disponibilità e l’accesso alle informazioni essenziali relative all’origine del miele o del miele contenuto in una miscela, compresi il paese di origine, l’anno di produzione e l’identificatore unico del produttore, lungo tutta la catena di approvvigionamento.

Per i mieli prodotti e importati nell’Unione, le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero essere in grado di seguire l’intera filiera fino agli apicoltori che li hanno raccolti o, nel caso di mieli importati, fino al produttore. Queste regole non dovrebbero aumentare l’onere amministrativo dei produttori, ma dovrebbero rendere più facile per i consumatori e le autorità di controllo seguire l’intero percorso del miele, dalla raccolta all’imbottigliamento.

Ogni miele commercializzato con un’identificazione diversa da quella dell’apicoltore è dotato di un codice identificativo collegato a un sistema di tracciabilità che consente alle autorità competenti degli Stati membri di risalire l’intera catena di approvvigionamento di un determinato miele fino agli apicoltori o agli operatori della raccolta nel caso di mieli importati. Tutte le informazioni personali incluse nel sistema di tracciabilità saranno accessibili ai consumatori solo con il consenso dei produttori della partita o delle partite interessate. L’obbligo di tracciabilità di cui al presente punto non si applica agli apicoltori con meno di 150 alveari’ (nuovo articolo 2.2b-bis).

A partire da 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, l’immissione sul mercato del miele è subordinata al rispetto dei requisiti di tracciabilità di cui al presente articolo. Le autorità competenti degli Stati membri effettuano controlli per verificare che il miele provenga dal paese o dai paesi indicati sull’etichetta. Le autorità competenti effettuano controlli regolari e basati sul rischio per stabilire se i prodotti pertinenti che l’operatore o il commerciante ha immesso o intende immettere sul mercato sono conformi alla presente direttiva’ (nuovo articolo 4a.2).

6) ‘Miele filtrato’ e ‘ultrafiltrato’

Il miele ultrafiltrato, indicato nella Direttiva 2001/110/CE come “miele filtrato”, non dovrebbe più essere autorizzato a essere commercializzato ed etichettato come “miele”. L’ultrafiltrazione si riferisce a processi di filtrazione che utilizzano una maglia filtrante di dimensioni inferiori a 100 µm, eliminando così la maggior parte dei pollini dal miele’ (recital 3c).

Non è consentita alcuna modifica significativa del numero di pollini o dello spettro pollinico dei pollini di dimensioni inferiori a 100 µm. Non è consentita la rimozione di componenti del miele di dimensioni inferiori a 100 µm’ (nuovo Allegato II.3).

Scompare viceversa ogni riferimento al nome e le caratteristiche del ‘miele filtrato’ (nuovo articolo 2.2, primo capoverso). Fatta salva la possibilità di designare il ‘miele grezzo’ o ‘miele vergine’ (si veda successivo paragrafo 9).

7) ‘Miele riscaldato’, trattamenti termici vietati, invertasi

Il trattamento termico al di sopra dei 40°C (± 5°C) provoca la degradazione di alcuni costituenti del miele e i consumatori dovrebbero essere in grado di distinguere tra i mieli che sono stati degradati da tali trattamenti termici e gli altri mieli. Se il miele è trattato a temperature superiori a 40°C (+- 5°C), sull’etichetta deve comparire la dicitura “miele riscaldato”. Per controllare l’assenza di degradazione termica del miele, è necessario fissare una soglia minima per la presenza di invertasi nel miele, un enzima molto più sensibile che si degrada molto rapidamente alle alte temperature’ (recital 3d).

L’indice di invertasi (unità Gontarski) per il ‘miele non riscaldato’ – determinato dopo la lavorazione e la miscelazione – deve essere ‘in genere, non meno di 50 U/kg’ e per i ‘mieli con un basso contenuto di enzimi naturali, non meno di 25 U/kg’ (Allegato II.3, nuovo punto 6a).

8) Mieli ‘acerbi’, divieto di evaporazione sottovuoto

‘Sia la definizione di miele della direttiva 2001/110/CE che quella del Codex Alimentarius specificano chiaramente il lavoro svolto dalle api nell’alveare dopo aver raccolto il loro raccolto, che trasformano combinandolo con materiali specifici propri, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare. La disidratazione e la maturazione sono operazioni eseguite dalle api. Al di fuori dell’Unione, alcuni Paesi accettano che il lavoro delle api si limiti alla raccolta delle secrezioni nettarifere delle piante o della melata nella produzione del miele. I mieli acerbi prodotti in questo modo hanno un contenuto di umidità ben superiore alla soglia del 20% stabilita dalla Direttiva 2001/110/CE. Gli operatori lavorano con tini riscaldati sotto vuoto per limitare la temperatura di ebollizione dell’acqua nel miele. Tuttavia, questo processo degrada il prodotto finale, impoverendone gli aromi e gli enzimi. La Direttiva 2001/110/CE dovrebbe quindi vietare questo processo di evaporazione sotto vuoto per i mieli’ (recital 3 sexies).

La commercializzazione di mieli non maturati naturalmente dalle api, per lo più importati da paesi terzi, falsa la concorrenza sul mercato dell’Unione. Nella maggior parte dei casi, ciò comporta l’evaporazione sotto vuoto dell’acqua contenuta nel miele, con conseguente impoverimento degli aromi naturalmente presenti. L’evaporazione rapida e artificiale dell’acqua dal miele compete con il lento processo di deumidificazione svolto naturalmente dalle api nell’alveare. L’evaporazione artificiale dovrebbe quindi essere vietata’ (recital 3 septies).

9) ‘Miele non riscaldato’, requisiti di purezza

Miele non riscaldato è il miele estratto dai favi, decantato e poi, se necessario, setacciato. Il miele così designato non è stato riscaldato in modo tale che i suoi enzimi e altri elementi termosensibili siano degradati a tal punto da non essere più conformi ai criteri stabiliti ai punti 6 e 6a dell’Allegato II’ (nuovo Allegato I.2.b).

Quando viene immesso sul mercato come miele o utilizzato in qualsiasi prodotto destinato al consumo umano, il miele non deve essere addizionato di alcun ingrediente alimentare, compresi gli additivi alimentari, né deve essere aggiunto altro che non sia miele. Il miele deve essere privo di sostanze organiche o inorganiche estranee alla sua composizione.

Ad eccezione del punto 3 dell’Allegato I, non deve avere sapori o odori estranei, non deve aver iniziato a fermentare, non deve avere un’acidità modificata artificialmente o essere stato riscaldato in modo tale che gli enzimi naturali siano stati distrutti o significativamente inattivati, o essere stato esposto all’evaporazione sotto vuoto. Il miele, quando viene commercializzato come tale o utilizzato in qualsiasi prodotto destinato al consumo umano, deve essere conforme alle caratteristiche di composizione di cui ai punti da 1 a 6. Inoltre, quando viene commercializzato come “miele grezzo” o “miele vergine”, deve rispettare le caratteristiche di composizione di cui al punto 6a’ (nuovo Allegato II.2).

10) Informazioni volontarie in etichetta del miele

Le denominazioni dei mieli, al di fuori del miele per uso industriale, possono venire completate da informazioni facoltative su:

– origine floreale o vegetale, se il prodotto proviene interamente o principalmente dalla fonte indicata e presenta le caratteristiche organolettiche, fisico-chimiche e microscopiche dell’origine indicata;

– origine regionale, territoriale o topografica, se il prodotto proviene interamente dalla fonte indicata;

– criteri di qualità specifici (articolo 1.1.2).

Gli imballaggi, i contenitori per il trasporto alla rinfusa, e i documenti di vendita del miele destinato a usi industriali ‘devono indicare chiaramente la denominazione completa del prodotto, come indicato al punto 3 dell’allegato I’ (nuovo articolo 3).

11) ISO, indirizzo politico europeo ai lavori in corso per la definizione di miele

ISO – International Standard Organization – come si è visto si accinge a definire lo standard ISO/CD 24607, relativo alle specifiche del miele prodotto da api della specie Apis e destinato al consumo diretto, ivi incluso il miele nei container destinato al confezionamento, oltreché dei mieli destinati ad uso industriale. (10)

La definizione di miele, stabilita nella direttiva 2001/110/CE, dovrebbe essere difesa dall’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO), per evitare una definizione che consentirebbe di esportare prodotti a basso costo con il nome di “miele”, a scapito della qualità e della stabilità del mercato del miele dell’Unione e della fiducia dei consumatori nei prodotti dell’Unione’ (recital 3 octies).

12) ‘Breakfast directives’, altri prodotti

L’attenzione rivolta dal Parlamento europeo a succhi di frutta, marmellate e latte disidratato – le altre direttive UE che appartengono al gruppo delle ‘breakfast directives’ è invece minimale. Come dimostra la quasi totale assenza di emendamenti a tali riguardi, rispetto alle proposte formulate dalla Commissione europea e già esaminate in precedente articolo a cui si fa richiamo. (1) A seguire, breve cenno ai pochi emendamenti ‘cosmetici’ proposti dall’assemblea di Strasburgo.

12.1) Succhi di frutta

Il consumo di troppi zuccheri liberi o dolcificanti non zuccherini è legato a effetti negativi sulla salute. I prodotti come i succhi o i nettari trasformati che promuovono livelli ridotti di zucchero spesso non sono un’opzione più sana rispetto ai prodotti con zuccheri naturali o senza zuccheri aggiunti e non sono adatti a sostituire la frutta o la verdura fresca. (…) Entro il 31 dicembre 2024, la Commissione dovrà presentare una proposta di revisione del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio per informare meglio i consumatori sulla presenza e sulla quantità di zuccheri liberi e aggiunti in un prodotto’ (recital 5).

Qualsiasi forma di zucchero o dolcificante aggiuntivo, naturale o artificiale, dovrebbe essere severamente vietata nei succhi di frutta’ (recital 9). Un concetto piuttosto incerto, a fronte del diffuso impiego di succhi concentrati la cui funzione, primaria o secondaria che dir si voglia, è pur sempre quella di addolcire i succhi di frutta.

Il paese di origine della frutta utilizzata per la fabbricazione del succo è indicato sull’etichetta anteriore. Se la frutta utilizzata è originaria di più di un paese, i paesi di origine sono indicati sull’etichetta in ordine decrescente in base alla loro proporzione nel succo di frutta’ (articolo 3.1.ba).

12.2) Marmellate, confetture, gelatine e purea di castagne

Tutti i componenti devono essere indicati in etichetta e una riduzione del contenuto di zucchero non deve essere compensata con edulcoranti (recital 16).

‘È opportuno rivedere le norme relative a confetture, gelatine, marmellate e purea di castagne zuccherate e prevedere che il Paese o i Paesi di origine dei frutti utilizzati per ottenere tali prodotti siano indicati in ordine decrescente e con le rispettive percentuali sulla confezione (recital 16a).

13) Periodo transitorio

È necessario stabilire un periodo di recepimento di 12 mesi [anziché 18, come proposto dalla Commissione, ndr]. Per consentire agli operatori di avere tempo sufficiente per adeguarsi ai nuovi requisiti, le disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva dovrebbero applicarsi solo a partire da 18 mesi [anziché 24, ndr] dopo la data di entrata in vigore della stessa’.

14) Conclusioni provvisorie

Gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo al progetto di riforma delle ‘breakfast directives’ vengono ora trasmessi allo AGRIFISH Council – ove partecipano i ministri dell’agricoltura degli Stati membri – per i negoziati sul testo finale, a cui partecipa anche la Commissione europea, in sede di trilogo.

La ‘over-regulation’ ipotizzata a Strasburgo espone tutti gli operatori della filiera del miele – apicoltori, produttori, importatori e traders, confezionatori – a investimenti significativi che inevitabilmente comporteranno l’aumento dei prezzi al consumo, in un periodo storico già afflitto da un’inflazione alimentare fuori controllo.

Le barriere tecniche al commercio che si paventano – del tutto prive di giustificazioni, in termini di protezione della salute pubblica o dell’ambiente – espongono altresì l’Unione Europea al grave rischio di contestazioni in sede di WTO (World Trade Organization). Oltreché nei rapporti con i Paesi con cui sono in corso ‘free trade agreements’, quali da ultimo la Nuova Zelanda.

Dario Dongo

Note

(1) Dario Dongo, Alessandra Mei. Miele, succhi di frutta, confetture e marmellate, latte disidratato. Proposte di riforma dei marketing standard in UE. GIFT (Great Italian Food Trade). 3.5.23

(2) ‘Breakfast directives’: MEPs want clearer labelling of honey, fruit juice, jam. European Parliament. Press release. 12.12.23 http://tinyurl.com/h9k8hw83

(3) Alexander Bernhuber, Viewpoint: Global policy analyst on why Europe’s goal to reduce pesticide use by 50% is dangerously misguided. Bauern Zeitung. 19.8.22 http://tinyurl.com/65nbwadf

(4) Dubious claims on the SUR undermine serious political debate on pesticide reduction. Save the bees and the farmers. http://tinyurl.com/2mvk8234

(5) Dario Dongo. No alla riduzione dei pesticidi, sì al glifosate. Toxic Europe. GIFT (Great Italian Food Trade). 23.11.23

(6) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Import di prodotti di origine animale e prodotti composti, le nuove regole UE. GIFT (Great Italian Food Trade). 5.12.23

(7) Le etichette delle confezioni di miele monodose (fino a 30 g) possono citare i Paesi di origine con il codice paese ISO 3166 alpha-2 (articolo 1.2, nuovo paragrafo ab)

(8) Dario Dongo. Miele d’importazione extra-UE, l’ambiguo rapporto della Commissione europea. GIFT (Great Italian Food Trade). 19.7.23

(9) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Miele, un universo da scoprire. GIFT (Great Italian Food Trade). 10.10.23

(10) Si veda articolo citato in nota 9, paragrafo 7. Si veda anche Dario Dongo. Miele, al via i lavori per uno standard ISO. GIFT (Great Italian Food Trade). 27.5.22

Alfonso Piscopo
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Veterinary Director of the Provincial Health Authority of Agrigento and member of the scientific committee 'Eurocarni', he is the author and co-author of hundreds of scientific and non-scientific articles in national and international journals.