Le organizzazioni datoriali, con il sostegno del Partito ‘Democratico’, provano a escludere le responsabilità sulla sicurezza dei lavoratori in caso di contagio da Covid-19. Una goffa caduta di stile.
Sicurezza sul lavoro, responsabilità e controlli
Il Testo Unico in materia di Salute e sicurezza nei luoghi di Lavoro (TUSL) – nell’indicare gli obiettivi generali e specifici di tutela – definisce le caratteristiche che un luogo di lavoro deve rispettare. Riferendo anche a una serie di requisiti (strutturali, microclimatici, etc.) a cui il datore di lavoro deve attenersi per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. (1)
La responsabilità primaria del datore di lavoro è indiscussa e indiscutibile, come si è già evidenziato. (2) I Protocolli che recano le misure di contenimento del contagio sui luoghi di lavoro – sottoscritti dalle parti sociali il 14.3.20 e 24.4.20 – integrano a tutti gli effetti il Testo Unico, come chiarito nel successivo paragrafo. E definiscono tra l’altro la ‘presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione’ quale conditio sine qua non per la riapertura o continuazione delle attività (3,4).
I controlli e le sanzioni ricadono nella competenza primaria dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (SPRESAL), presso i Dipartimenti di prevenzione della ASL.
Piddiozie
Alcuni deputati del Partito Democratico (sic!) hanno presentato un’interrogazione scritta al ministero del Lavoro e Politiche, il 5.5.20. Lamentando che la ‘equiparazione della malattia a infortunio sul lavoro può produrre conseguenze anche gravissime sul datore di lavoro, per il quale in caso di morte da infortunio sul lavoro è prevista la responsabilità penale’.
Chiara Gribaudo, Romina Mura, Carla Cantone, Antonio Viscomi e Deborah Serracchiani (alla quale si devono, tra l’altro, drastici tagli alla sanità pubblica in Friuli Venezia-Giulia) chiedono quindi al ministro ‘se non ritenga necessario adottare idonee iniziative, anche a carattere normativo, al fine di limitare (…) l’equiparazione del contagio da coronavirus all’infortunio sul lavoro’.
Garanzie
Il sottosegretario al Welfare senatore Stanislao Di Piazza, nella propria risposta 6.5.20, ha invece chiarito come ai contagi da nuovo coronavirus si applichino ‘i principi generali applicati per il riconoscimento delle prestazioni a favore di tutti i lavoratori in caso di infortunio, ciò al fine di evitare ogni possibile discriminazione.
Secondo i principi che regolano l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e, quindi, l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l’INAIL tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, attraverso una equiparazione della causa virulenta a quella violenta (…)
Al fine di perseguire l’obiettivo di coniugare la prosecuzione delle attività lavorative con la garanzia di condizioni di lavoro sicure è previsto che alla mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli di protezione per il lavoratore consegue la sospensione dell’attività.’
Diritto del lavoro
Il decreto ‘Cura Italia’, all’articolo 42, ha chiarito che il lavoratore contagiato in servizio ha diritto alla tutela tipica degli infortuni sul lavoro. (5) Quindi il datore è tenuto a comunicare la notizia del contagio all’INAIL, a cui spetta la verifica di correlazione tra malattia e attività lavorativa e al pagamento dell’indennizzo. Raccogliamo al proposito i commenti dell’amico avvocato Luigi Corrias, giuslavorista di grande esperienza presso il Foro di Milano.
‘I protocolli di sicurezza firmati da Confindustria e sindacati sono da considerarsi come obblighi previsti dal Testo Unico sulla sicurezza del lavoro. Con la conseguenza che, se il datore non li applica, rischia le sanzioni previste (ammenda o arresto). Se poi da questa mancata applicazione scaturisce la malattia, potrebbe scattare un procedimento penale per lesioni colpose o, in caso di morte, per omicidio colposo.
INAIL ha chiarito tra l’altro che la denuncia per Covid non comporta un innalzamento del premio assicurativo e che, se il datore dà prova di aver adottato tutte le procedure di protezione, è esente da responsabilità.
Ciò nonostante le organizzazioni datoriali spingono per avere una sorta di ‘scudo’ che li preservi dal rischio penale, considerata l’alta incidenza del contagio anche per ragioni extra lavorative, contestando l’equiparazione malattia da Covid/infortunio sul lavoro con tutte le possibili implicazioni anche penali a loro carico. Francamente mi pare che un tale ‘scudo’ vanificherebbe la portata degli obblighi antinfortunistici con ciò esponendo i lavoratori a rischi inaccettabili per la tutela della loro salute.
Concordo pienamente sulla risposta governativa all’interrogazione, laddove si ricorda anzitutto che “secondo i principi che regolano l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e, quindi, l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l’INAIL tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, attraverso una equiparazione della causa virulenta a quella violenta. I contagi da coronavirus non fanno eccezione a tale regola e sono, pertanto, da ricondurre, a tutti gli effetti, nell’ambito degli infortuni sul lavoro e ciò sulla base di un consolidato orientamento dell’Istituto, della scienza medico-legale, nonché della giurisprudenza”.
La risposta governativa prosegue evidenziando come la molteplicità delle modalità e delle occasioni di contagio “rendono particolarmente problematica la configurabilità di una responsabilità civile o penale del datore di lavoro che operi nel rispetto delle regole” con il che “la responsabilità sarebbe ipotizzabile solo in via residuale, nei casi di inosservanza delle disposizioni a tutela della salute dei lavoratori e, in particolare, di quelle emanate dalle autorità governative per contrastare la predetta emergenza epidemiologica”.
Concludendo, mi pare di poter dire, da un lato, che (come si afferma nella risposta) “escludere i casi di contagio da nuovo coronavirus in occasione di lavoro dall’ambito della tutela INAIL, significherebbe di fatto non garantire in una fattispecie di tale gravità l’ordinaria tutela prevista dall’ordinamento”. D’altro canto, la responsabilità datoriale verrà presumibilmente accertata (solo) in caso di inosservanza dei dispositivi di protezione. Con la conseguenza che, in caso di contagio, se il datore dimostri di avere adottato i dispositivi previsti dai protocolli dovrebbe essere esente da responsabilità.’
Dario Dongo e Luigi Corrias
Note
(1) D.lgs. 81/08 e successive modifiche
(2) Dario Dongo. Covid-19, sicurezza dei lavoratori e responsabilità. GIFT (Great Italian Food Trade). 17.3.20,
(3) Dario Dongo. Coronavirus, misure di contenimento negli ambienti di lavoro. Protocollo 14.3.20. GIFT (Great Italian Food Trade). 14.3.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/sicurezza/coronavirus-misure-di-contenimento-negli-ambienti-di-lavoro-protocollo-14-3-20
(4) Amaranta Traversa, Sarah Lanzilli, Claudio Biglia, Dario Dongo. Covid-19 e sicurezza sul lavoro, Protocollo 24.4.20. L’ABC. GIFT (Great Italian Food Trade). 1.5.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/sicurezza/covid-19-e-sicurezza-sul-lavoro-protocollo-24-4-20-l-abc
(5) Dario Dongo. Covid-19, decreto ‘Cura Italia’. Le misure a favore di persone fisiche, lavoratori e imprese. GIFT (Great Italian Food Trade). 18.3.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/covid-19-decreto-cura-italia-le-misure-a-favore-di-persone-fisiche-lavoratori-e-imprese-abc