Superfood, tra mito e realtà

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La corsa all’acquisto degli alimenti benefici per la salute conferma l’attenzione al nutrirsi bene. Su quali basi?

La caccia ai superfood, gli alimenti benefici per la salute, non conosce tregua. A monitorarne l’andamento si è dedicato l’Osservatorio Immagino di GS1Italy-Nielsen, un faro sempre acceso sulle abitudini di acquisto alimentare degli italiani e sulle ‘mode’. Come appunto quella dei superfood

Ma cosa qualifica un alimento come superfood? Le basi scientifiche, che sono solide sulla frutta secca, come su altri cibi, vengono invece meno su altri. Come lo zucchero di canna, per citare un esempio. A seguire una breve analisi degli alimenti catalogati dall’Osservatorio come benefici agli occhi del pubblico, e in quanto tali meglio venduti.

Mandorle al primo posto

La classifica – ordinata in base al valore delle vendite – si apre con la mandorla. Tra i vari tipi di frutta secca, la regina incontrastata viene segnalata nell’1,3% dei 54.300 prodotti monitorati dall’Osservatorio Immagino. Con un aumento delle vendite pari al 14,6%.

Già a partire dai primi anni ‘90 la letteratura scientifica ha dimostrato a più riprese i benefici correlati al consumo di frutta secca. Uno studio del 2016 ne ha persino definito l’apporto utile. Bastano 20 grammi al giorno di frutta secca per prevenire malattie cardiovascolaricancro, mortalità per ogni causa e in particolare a esito di malattie respiratorie, diabete e infezioni.

Nel 2017 le vendite di frutta secca sono aumentate del 10% e continuano a crescere,  grazie anche alle iniziative virtuose della filiera italiana. È il caso della creazione di consorzi di tutela delle produzioni italiane, incalzate dalla concorrenza straniera, come quello siciliano della mandorla di Avola. O delle politiche responsabili dei distributori, Coop Italia dopo Unes Supermercati.

La prima insegna della Gdo italiana ha deciso di porre gli snack a base di frutta secca in prossimità delle casse, al posto dei tradizionali ‘alimenti d’impulso’. Le patatine e i dolciumi, spesso junk food, sono così relegati ai distributori automatici,  meno generosi nel fornire informazioni al consumatore.

Pianta un seme nella dieta

Il mirtillo è secondo nella classifica di GS1-Italy. Segnalata nello 0,9% dei prodotti, e protagonista di un’accelerazione delle vendite del 6%, questa piccola bacca era stata anche candidata all’assegnazione di un claim salutistico, bocciato però da Efsa. È infatti associata a un effetto antiossidante sulle cellule e al contrasto alle infezioni urinarie, come mostrato da una ricerca pubblicata su Cochrane.

I semi sono a loro volta sempre più apprezzati. Per la guarnitura dell‘insalata, e ovunque altrove. Le vendite in valore dei prodotti con semi di lino fanno un balzo del 51,5% (21 milioni di euro il volume complessivo), del 28,4% quelli impreziositi di semi di zucca. Fuori classifica, ma necessariamente da menzionare sono i semi di canapa, superfood da inserire nel carrello della spesa.

Cereali ricercati

L’avena, dapprima usata solo per alimentare gli animali da allevamento, è ora molto ricercata nella versione bio, promossa a cereale superfood, in quanto ricco di proteine (12,6-14,9%) e di acidi grassi essenziali, come l’acido linoleico. Vantata nello 0,5% dei prodotti, spinge le vendite del 4,8%.

Più apprezzato risulta il farro. Coltura millenaria soppiantata dal frumento, questo cereale torna ora alla ribalta con piccole coltivazioni, quasi solo biologiche. Evidenziato nell’1% dei prodotti (spesso piuttosto costosi), anima le vendite con un +16,1%.

Gli esotici da boom

Tra gli alimenti estranei alla dieta mediterranea ve ne sono alcuni molto ricercati in quanto ritenuti benefici per la salute. Non sempre a ragione.

Clamorosa è l’impennata di vendite – del 91,6%, per 36 milioni di euro complessivi – per i prodotti contenenti zenzero (lo 0,1% del campione), radice di importazione correlata a vari benefici per la salute, ma non privo di controindicazioni.

Bene anche la quinoa, alimento tipico della fascia andina del Sud America. Evidenziata nello 0,5% dei prodotti monitorati da Immagino, ne spinge all’insù le vendite del 43,1%, fino a 50 milioni di euro.

Davvero incomprensibile è invece l’attrazione dei consumatori italiani per prodotti quali il cocco (vendite +5%) o lo zucchero di canna. Quest’ultimo, quando raffinato, è null’altro che saccarosio ottenuto da canna invece che da barbaietola. Uno zucchero perfettamente sovrapponibile allo zucchero bianco comune, ma citato come ingrediente (con suggestione di vantaggio qualitativo) nello 0,4% dei prodotti favorisce un colpo d’ala alle vendite di +10%.

Caso diverso è il successo della stevia, segnalata nello 0,2% dei prodotti, per i quali determina un +19,2% di vendite. Acalorico e indicato come utile contro obesità e altre patologie, questo dolcificante di origine vegetale è molto ricercato dall’industria alimentare, tanto da essere divenuto oggetto di ricerche frenetiche in ambito biotech. Al contempo, è anche al centro di un progetto di coltivazione in Sicilia, di cui abbiamo riferito.


Marta Strinati

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