L’emergenza climatica e le esigenze di food security stimolano riflessioni sull’opportunità di allevare camelidi per produrre latte e derivati ad alto valore nutritivo, anche in una prospettiva mediterranea. Resilienza, benessere animale e promozione della salute paiono infatti convergere sul valore promettente di questo ambito della zootecnia.
Il censimento della popolazione di cammelli e dromedari nei 46 Paesi ove essi vengono allevati risulta difficile da aggiornare con precisione, poiché tali attività hanno spesso luogo in aree remote e presso comunità nomadi. Il valore nutrizionale del latte di cammella e l’interesse anche economico che vi si correla per gli stessi allevatori inducono peraltro a prevedere un trend in crescita. (1)
La rassegna scientifica di due tra i più grandi esperti di settore (Konuspayeva, Faye, 2021) ha permesso di identificare le tecniche più idonee per la trasformazione di questa materia prima che si distingue dal latte vaccino sotto diversi aspetti e richiede perciò l’esecuzione di processi opportunamente adattati. (2)
Camelidi, resilienza e sussistenza
I camelidi – vale a dire cammelli (Camelus bactrianus), dromedari (Camelus dromedarius) e loro incroci – hanno un ruolo cruciale nella sussistenza di alcune popolazioni pastorali in Medio-Oriente, Asia ed Africa.
Resilienti e produttivi, questi animali sono protagonisti di varie interazioni socio-economiche e culturali, dai trasporti alle corse tradizionali. Vengono perciò preferiti ad altri animali da reddito e considerati investimenti di valore a lungo termine. (3)
La transizione dal modello di allevamento tradizionale estensivo a forme più attuali, come il semi-intensivo, va a sua volta affermandosi in via progressiva. Di pari passo con la diffusione dei consumi di latte di cammello e dei suoi prodotti di fermentazione nei contesti urbani.
Carenza di dati
I dati ufficiali a disposizione coinvolgono 46 nazioni, di cui 20 in Africa, 25 in Asia e 1 in Europa, in Ucraina. La FAO gestisce il database più comprensivo che è tuttavia parziale e in buona parte basato su stime inevitabilmente approssimative.
FAOSTAT infatti, nel suo ultimo rapporto, raccoglie i soli dati forniti dai governi di circa la metà dei Paesi ove i camelidi sono allevati, spesso senza neppure distinguere tra le specie. I ricercatori raccomandano perciò di rafforzare le attività di censimento.
Latte di cammella
Il latte di cammella è in genere consumato allo stato crudo, nelle tradizioni dei nomadi. I quali hanno sempre fatto ricorso alla fermentazione naturale per prolungarne la shelf-life. La pastorizzazione è d’altra parte necessaria a inibire i microrganismi patogeni.
La polverizzazione è oggi considerata una delle migliori strategie per garantire la conservazione del prodotto e il trasporto anche su lunghe distanze. I costi per la rimozione dell’acqua rimangono tuttavia elevati, in entrambi i casi di spray-drying e di liofilizzazione.
Prodotti trasformati
La fermentazione spontanea ha permesso di ottenere numerosi prodotti tradizionali, quali lo shubat in Kazakhistan, il garris in Sudan, il laben nei paesi Arabi e l’ititu in Etiopia, da consumare in purezza. O il lfrik del Marocco e il chal iraniano, da miscelare in acqua. Questa varietà di prodotti deriva dall’abbondante biodiversità microbiologica dei batteri lattici (LAB) utili a sviluppi tecnologici che offrono proprietà sensoriali e salutistiche di grande interesse, come si è visto. (4)
Formaggi, yogurt e burro da camel milk sono invece privi di tradizione e applicazioni industriali. La minor quantità di k-caseine è infatti di ostacolo alla realizzazione di una cagliata forte, come pure di strutture consistenti. La piccola dimensione dei globuli di grasso, ostativa alla produzione di burro, favorisce invece quella dei gelati. I quali sono infatti già ampiamente diffusi in Emirati Arabi, Marocco e Kazakhistan.
Conclusioni provvisorie
Il censimento dei camelidi (cammelli e dromedari) allevati nel pianeta merita un corretto e continuo aggiornamento, per meglio comprendere le opportunità che ne possono derivare. Ed è altresì importante affinare le tecnologie coerenti alle peculiarità del latte di cammella, in vista della realizzazione di prodotti ad alto valore aggiunto, grazie all’alta digeribilità della materia prima e le preziose virtù associate al suo consumo (4,5).
Il Mediterraneo rappresenta un contesto geografico promettente per realizzare queste attività. Il progetto di ricerca UE Camel Milk, in Horizon 2020, raccoglie le esperienze e competenze di alcuni dei massimi esperti di settore, tra cui gli autori dei due primi studi qui citati in nota. Con il contributo, tra l’altro, della nostra squadra. Al preciso scopo di condividere le buone prassi di allevamento e lavorazione, le tecnologie e le regole da applicare. (5)
Dario Dongo e Andrea Adelmo Della Penna
Note
(1) Bernard Faye (2020). How many large camelids in the world? A synthetic analysis of the world camel demographic changes. Pastoralism: Research, Policy and Practice 10:25, https://doi.org/10.1186/s13570-020-00176-z
(2) Gaukhar Konuspayeva, Bernard Faye (2021). Recent Advances in Camel Milk Processing. Animals 11:1045, https://doi.org/10.3390/ani11041045
(3) Bernard Faye (2013). Camel Farming Sustainability: The Challenges of the Camel Farming System in the XXIth Century. Journal of Sustainable Development 6(12):74-82, https://doi.org/10.5539/jsd.v6n12p74
(4) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Latte di cammella, una scorta di probiotici alleati della salute. GIFT (Great Italian Food Trade). 24.6.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/salute/latte-di-cammella-una-scorta-di-probiotici-alleati-della-salute
(5) Dario Dongo. Camel Milk, superfood. Progetto di ricerca mediterranea. GIFT (Great Italian Food Trade). 2.6.19, https://www.greatitalianfoodtrade.it/progresso/camel-milk-superfood-progetto-di-ricerca-mediterranea