I processi ad alta pressione (HPP, High Pressure Processing) su alimenti preconfezionati, solidi e liquidi, consentono di inattivare i microrganismi patogeni e alteranti.
Una possibile alternativa ai trattamenti termici e all’impiego di additivi conservanti, con varie applicazioni utili a estendere la shelf-life dei prodotti. (1) Alcuni esempi a seguire.
1) HPP, High Pressure Processing. Premessa
Le tecnologie HPP – a differenza dei trattamenti termici (i.e. cottura, pastorizzazione) – non utilizzano le temperature elevate bensì le alte pressioni idrostatiche (fino a 4-600 MPa, applicate per intervalli temporali che in genere variano tra 1,5 e 7 minuti) per ottenere la stabilità microbiologica degli alimenti (2,3). I vantaggi principali dei processi ad alta pressione riguardano:
-sicurezza alimentare. Le tecnologie HPP, a seconda dei casi, possono permettere di inattivare batteri patogeni come Listeria monocytogenes, Escherichia coli e Salmonella; (4)
-proprietà organolettiche. La bassa temperatura e la pressione omogenea consentono altresì di mantenere inalterate le caratteristiche sensoriali e la struttura degli alimenti. (1)
2) Modalità di trattamento
I prodotti da sottoporre a HPP vengono confezionati in imballaggi flessibili (i.e. PET, polietilene) e inseriti all’interno di un’autoclave che viene riempita con acqua fredda.
La pressurizzazione dell’autoclave consente di trasferire la pressione su ogni punto del prodotto, tramite l’acqua, e garantire l’uniformità del trattamento.
Al termine del processo, la cui durata massima raramente supera gli 8 minuti, si procede alla sottrazione dell’acqua e al prelievo del prodotto. (3)
3) Applicazioni nel settore alimentare
Le applicazioni potenziali di HPP nel settore alimentare sono molteplici (EFSA, 2022). (4) I costi dei macchinari e dei processi – anche, e non solo, in termini di consumi energetici – inducono peraltro a limitarne l’impiego sui soli prodotti ad alta marginalità.
3.1) Prosciutto stagionato disossato
Il prosciutto stagionato è considerato essere un prodotto sicuro, dal punto di vista microbiologico. Le operazioni di disossatura ed eventuali carenze igieniche, nondimeno, possono dare luogo a contaminazioni da batteri patogeni (i.e. Listeria monocytogenes.).
Uno studio del ‘Departamento de Tecnología de Alimentos’ dell’Università di Madrid (Pérez-Baltar et al., 2020) ha dimostrato come l’applicazione di HPP, a 600 Mpa per 5 minuti, possa garantire il rispetto dei criteri microbiologici a presidio della sicurezza alimentare stabiliti in UE e in USA. (5)
3.2) Alimenti a base vegetale
La sola applicazione di HPP tra 350-600 MPa può consentire l’eliminazione di Listeria m., Salmonella ed E. coli in vari ‘plant-based foods’. L’eliminazione di microrganismi sporigeni (spore batteriche e muffe) invece richiede la combinazione di HPP con trattamenti termici.
Interessante è poi l’applicazione di questa tecnologia al guacamole, un condimento a base di avocado fresco. Essa infatti consente di garantire la stabilizzazione microbiologica e prevenire l’imbrunimento, altrimenti inevitabile con l’esposizione a trattamenti termici. (6)
3.3) Vini
Brettanomyces bruxellensis è un lievito che produce nel vino composti sensoriali fortemente sgradevoli, in grado di resistere ai trattamenti di sanificazione e persistere negli ambienti di cantina. Ed è proprio per prevenire il suo sviluppo che spesso si aggiunge ai vini l’anidride solforosa.
L’utilizzo di HPP (400 MPa per soli 5 secondi) su vini rossi a lungo invecchiamento, come il Cabernet sauvignon, si è dimostrato essere in grado di inattivare completamente questo lievito alterante. Senza alterarne le aratteristiche organolettiche. (7)
3.4) Formaggi freschi
L’applicazione di HPP a 600 MPa per 5 minuti è risultata in grado di eliminare i ceppi più resistenti di Listeria monocytogenes, nei formaggi freschi, così da garantirne la loro sicurezza alimentare nelle normali condizioni di distribuzione e conservazione. (8)
Francesco Carlini
Note
(1) Alte pressioni idrostatiche, la tecnologia destinata a diventare realtà. 19.4.17 https://tinyurl.com/3v36n6ca
(2) EFSA (2022). The efficacy and safety of high‐pressure processing of food. https://doi.org/10.2903/j.efsa.2022.7128
(3) González-Angulo M, Serment-Moreno V, Clemente-García L, Tonello C, Jaime I, Rovira J. Assessing the pressure resistance of Escherichia coli O157:H7, Listeria monocytogenes and Salmonella enterica to high pressure processing (HPP) in citric acid model solutions for process validation. Food Res Int. 2021 Feb;140:110091. https://doi.org/10.1016/j.foodres.2020.110091
(4) I trattamenti ad alte pressioni (HPP): cosa sono, esempi applicativi e miglior packaging impiegabile. Food & Tec. Dicembre 2018 https://tinyurl.com/29w3fvrs
(5) Aida Pérez-Baltar, Alejandro Serrano, Raquel Montiel, Margarita Medina.
Listeria monocytogenes inactivation in deboned dry-cured hams by high pressure processing. Meat Science, Volume 160, 2020, 107960. https://doi.org/10.1016/j.meatsci.2019.107960
(6) High Pressure Processing Applications in Plant Foods https://doi.org/10.3390/foods11020223
(7) Sanelle van Wyk, Filipa V.M. Silva. High pressure inactivation of Brettanomyces bruxellensis in red wine. Food Microbiology, Volume 63, 2017, Pages 199-204. https://doi.org/10.1016/j.fm.2016.11.020
(8) K. Evert-Arriagada, A.J. Trujillo, G.G. Amador-Espejo, M.M. Hernández-Herrero. High pressure processing effect on different Listeria spp. in a commercial starter-free fresh cheese. Food Microbiology, Volume 76, 2018, Pages 481-486. https://doi.org/10.1016/j.fm.2018.07.012
Micotossine, il male invisibile. L'ABC
Un grave rischio per la sicurezza chimica degli alimenti è rappresentato dalle micotossine, contaminanti agricoli prodotti in alcuni contesti (agricoltura e stoccaggio) su cereali e derivati, latte, alimenti per bambini e lattanti, frutta secca e arachidi, caffè e cacao, mele, vino e birra, spezie e liquirizia. I rigorosi limiti di contaminazione ammessi nelle singole categorie di prodotti, definiti dal legislatore europeo, sono soggetti ad appositi piani di controllo. Le rappresentanze di filiera, in sinergia con le autorità sanitarie, hanno messo a punto buone prassi volte a mitigare i rischi. Le ricorrenti notifiche nel sistema europeo di allerta rapido su alimenti e mangimi (RASFF, Rapid Alert System on Food & Feed) confermano, tuttavia, l’attualità del problema. L’ABC a seguire
Un nemico ubiquitario
Le micotossine sono sostanze tossiche prodotte dal metabolismo secondario di alcuni funghi o muffe (Aspergillus, Penicillium, Fusarium, Stachybotrys, Cephalosporium ecc.). Sono naturalmente presenti nei vegetali e proliferano in condizioni ambientali a esse favorevoli. L’applicazione di buone prassi agricole, e nelle successive fasi di stoccaggio, è essenziale per mitigare i rischi.
La tossicità delle micotossine è dose-dipendente e si manifesta sia nel breve, sia nel lungo termine. I casi di tossicità acuta sull'uomo, rari in Europa, si sono manifestati più volte in Africa a causa di mais con livelli elevati di contaminazione da aflatossine. Si ricorda al proposito la crisi occorsa in Kenya nel 2004, con 317 persone colpite da sintomi (emorragie, edema, danni acuti epatici) riconducibili alla aflatossicosi e 125 decessi.
L'esposizione cronica – assunzione prolungata di piccole dosi di micotossine - è a sua volta causa di gravi danni alla salute umana. Queste tossine danneggiano infatti le strutture cellulari, così gli organi e i sistemi, favoriscono la formazione di tumori e indeboliscono il sistema immunitario.
Micotossine, i limiti di legge
I limiti alle micotossine negli alimenti sono stabiliti dal reg. CE 1881/06, più volte aggiornato. I valori fissati per ogni tossina variano in funzione del contributo dei vari alimenti alla dieta, sulla base dei livelli medi di consumo degli stessi. Tenuto anche conto della soglia giornaliera tollerabile (TDI, Tolerable Daily Intake), espressa in nanogrammi di contaminante per kg di peso corporeo (ng/kg pc).
Valori più elevati sono ammessi per le partite di alimenti destinate a cernita o trattamento fisico (es. spazzolatura, selezione mediante sistemi ottici per colore o granulometria). I responsabili di utilizzo e immissione in commercio degli alimenti devono in ogni caso garantire il rispetto dei limiti indicati per il consumo umano.
Una grave falla nel sistema delle regole attiene alla tutela dei bambini. Limiti ridotti di contaminazione da micotossine sono infatti previsti soltanto per gli alimenti destinati a lattanti (fino a un anno di vita) e prima infanzia (fino ai tre anni di età). I bambini di età superiore ai 3 anni sono di fatto equiparati agli adulti, sebbene il loro peso sia considerevolmente inferiore. Con una conseguente esposizione alle micotossine di magnitudo, in alcuni casi, ben superiore rispetto alle soglie tossicologiche giornaliere tollerabili che sono state valutate su individui adulti.
Aflatossine, la bestia nera
Le micotossine più pericolose sono le aflatossine. Sono genotossiche, epatocancerogene e tossiche per il sistema immunitario. Quelle a maggiore diffusione e tossicità sono cinque. La più allarmante è la B1, dal 1993 classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC) nel Gruppo 1, come 'agente cancerogeno per l’uomo'.
Osservate speciali sono anche le aflatossine B2, G1, G2 e M1. Quest'ultima deriva dal metabolismo della aflatossina B1 da parte di animali nutriti con mangime contaminato (da B1). L'alimento a maggior rischio contaminazione è il latte, per il quale è previsto un livello massimo di 0,050 μg/kg, dimezzato (a 0,025) per gli alimenti destinati alla prima infanzia. La tossina si distribuisce nei formaggi in relazione agli specifici valori di conversione latte-formaggio.
Gli alimenti a maggior rischio contaminazione da aflatossine sono mais, frutta secca e frutta a guscio, spezie e latte (quest’ultimo per la sola M1). Di seguito i limiti di legge previsti per i vari alimenti, espressi in microgrammi per kg (μg/kg).
Lo scudo europeo contro l’invasione tossica
Il sistema europeo RASFF, nella sola prima metà del mese di maggio 2019, ha registrato una trentina di allerta su alimenti contaminati da micotossine. Quasi sempre da aflatossine, su merci in arrivo dagli stessi Paesi. In primis dagli USA, ove sono tollerati, in alcuni casi, livelli di contaminazione 10 volte superiori a quelli europei (!). Una minaccia sistemica per la salute della popolazione europea, a dispetto delle false promesse di garanzia della sicurezza alimentare da parte dei sostenitori di CETA e TTIP.
Le partite segnalate tramite RASFF vengono quasi sempre bloccate prima della loro immissione in commercio in UE. Non mancano peraltro i casi di allerta con richiamo pubblico, su prodotti già immessi sul mercato.
È il caso della noce moscata confezionata in Polonia con materia prima proveniente dall'Indonesia, distribuita in vari Stati membri da un operatore con sede in Germania. Intercettata dalle autorità della Repubblica Ceca, è risultata contaminata da 67,6 ppb di ocratossina A.
Ocratossina A, il numero 2
Cereali e prodotti da forno (a base di grano, orzo, mais, avena), uva passa, caffè, cacao, spezie, liquirizia, prodotti a base di carne suina, vino e birra sono gli alimenti a rischio di contaminazione da ocratossina A. Classificata nel 1993 come potenzialmente cancerogena dalla AIRC (l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), che l'ha inserita nel gruppo 2B (possibile agente cancerogeno per l'uomo), ha effetti tossici che includono nefrotossicità, danni al fegato, enteriti, teratogenesi e cancerogenicità a carico dei reni.
Il largo consumo di questi cibi aumenta in modo esponenziale il rischio per la popolazione, inclusi i bambini, più vulnerabili. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), con proprio parere del 2006, ha stabilito una dose settimanale tollerabile di 120 ng/kg di peso corporeo.
I limiti di ocratossina A (OTA) ammessi sui cibi sono molto stringenti, come mostra la tabella seguente. Fanno eccezione due alimenti, che meritano menzione:
- caffè solubile, con una soglia doppia in confronto al caffè torrefatto,
- liquirizia, tal quale o come ingrediente alimentare, in bevande e caramelle.
Patulina, la tossina delle mele
Succhi di frutta, anche ricostituiti, nettari, composte di frutta sono gli alimenti in cui si sviluppa la patulina, una micotossina sospettata di cancerogenicità e che ad alte dosi causa emorragie cerebrali, gastriche e polmonari.
I limiti di contaminazione da patulina sono i seguenti:
- 50 microgrammi su kg in succhi di frutta, nettari e bevande alcoliche ottenute dalla mela, come il sidro,
- 25 μg/kg nei prodotti contenenti mele allo stato solido, compresi la composta e il passato di mele, ove destinati al consumo diretto,
- 10 μg/kg negli alimenti destinati a lattanti e bambini.
Zearalenone, in agguato nel mais
Contaminante di granturco (o mais) e altri cereali, lo zearalenone (ZEA) è un 'micoestrogeno', provoca una sintomatologia osservata negli animali da allevamento, che si manifesta con sterilità e ridotta produzione di latte.
I limiti di legge sono più elevati per gli alimenti a base di mais (cereale di riferimento per i celiaci), come mostra la tabella. Il livello massimo tollerabile è stabilito in 400 microgrammi/kg, mentre la soglia tossicologica giornaliera è stata fissata a 0,25 microgrammi per kg di peso corporeo.
Don, la micotossina di grano duro e pasta
Il deossinivalenolo (DON), noto anche come vomitossina, è spesso citato come indicatore della qualità del grano, specie se di importazione. È una tossina molto diffusa negli alimenti e ha effetti tossici che si manifestano, tra l’altro, con nausea, vomito, disordini gastrointestinali e cefalea. L'assunzione massima giornaliera è di 1 µg/kg di peso corporeo.
I limiti di legge in µg/kg sono i seguenti:
- Farina di cereali, crusca e germe, pasta secca 750
- Pane, pasticcini, biscotti, merende e cereali da colazione 500
- Alimenti destinati a lattanti e bambini 200
- Grano duro, avena e mais non trasformati 1750
- Altri cereali non trasformati 1250
Più pericolose sono altre micotossine del gruppo dei tricoteceni, lo stesso di cui fa parte il DON, che si rinvengono in frumento, orzo, avena, segale e mais. Quella con proprietà tossiche più spiccate è la T-2, seguita dal DAS e dal NIV. L'assunzione massima giornaliera è fissata in 0,02 µg/kg di peso corporeo per le tossine T-2 e HT-2 e in 1,2 µg/kg di peso corporeo per il NIV. Non sono ammessi residui negli alimenti.
Le fumonisine nel mais
Le fumonisine sono prodotte da funghi del genere Fusarium. Il cereale 'bersaglio' è il mais, ma si riscontra la loro presenza anche nel sorgo e nel cacao, oltreché nella birra. La fumonisina più tossica è la B1, classificata dalla AIRC nel 1993 nel gruppo 2B, vale a dire possibile cancerogeno per l'uomo. È sospettata di favorire l'insorgenza di tumore esofageo.
Il livello massimo di esposizione giornaliera alle fumonisine è 2 μg/kg di peso corporeo. I limiti di legge si riferiscono alla somma di fumonisine B1 e B2 e sono i seguenti (in μg/kg)
- Mais non trasformato 4000
- Mais e prodotti a base di mais 1000
- cereali da colazione e merende a base di mais 800
- Alimenti destinati a lattanti e bambini 200.